Introduzione al vol. 2 |
Questo secondo volume delle Opere di Sigmund Freud comprende i lavori di interesse psicologico da lui scritti nel periodo che va dagli Studi sull'isteria, contenuti nel primo volume della presente edizione, alla Interpretazione dei sogni, costituente il terzo. La delimitazione cosi formulata non è tuttavia precisa. Non esiste infatti un'unica data di composizione per gli Studi sull'isteria: l'opera, iniziata con quella Comunicazione preliminare (datata dicembre 1892, e pubblicata a sé nel gennaio 1893) che ne rappresenta la Introduzione, si completa con le altre parti, successivamente scritte da Freud e Breuer, e appare come volume, col nome dei due autori, nel maggio 1895: quando cioè Freud si era già distaccato sul piano scientifico da Breuer e aveva notevolmente progredito autonomamente nella evoluzione del proprio pensiero. È pertanto sembrato opportuno ai curatori della presente edizione fermarsi nel primo volume delle Opere agli Studi sull'isteria, e comprendere invece in questo secondo tutti quegli altri scritti psicologici di Freud che, composti a partire dalla fine del 1892, riguardano già questa nuova fase di evoluzione autonoma del suo pensiero: e ciò anche se tale sistemazione comporta una sovrapposizione cronologica fra primo e secondo volume. Anche per quanto riguarda gli scritti dell'ultimo periodo qui presentati, si ha in certo modo sovrapposizione. La data generica 1900, con la quale Freud pubblicò la Interpretazione dei sogni, o quella esatta del 4 novembre 1899, giorno in cui effettivamente il libro è uscito, rappresenta, come è ovvio, un momento terminale. L'opera fu iniziata nella primavera del i8çy ed impegnò fortemente Freud (che parallelamente portava avanti la propria autoanalisi) per due anni e mezzo. Gli altri lavori apparsi in quel periodo, contemporanei dunque alla stesura della Interpretazione dei sogni, e anch'essi in certo modo frutto dell'autoanalisi, vengono compresi nel presente volume: salvando in questo secondo caso la cronologia per quanto riguarda il momento in cui gli scritti sono stati completati, ma non parimenti per quanto riguarda invece l'epoca in cui le varie scoperte psicologiche, o comunque i vari progressi nella ricerca scientifica, sono stati raggiunti. È chiaro che non si poteva procedere diversamente, dato il lungo tempo di composizione della Interpretazione dei sogni e la sua complessità, e dato anche che quest'ultima opera ha dovuto, nella nostra edizione, essere completata con tutte le aggiunte e modificazioni successivamente introdotte nelle varie edizioni in un periodo che si estende fino al 1930: occorreva quindi presentarla come opera a sé. Il presente volume ha anche un'altra caratteristica: per due terzi è costituito da scritti che Freud ha pubblicato all'epoca della loro composizione, per un terzo invece da scritti usciti postumi, che non erano destinati originariamente alla pubblicazione (in quanto rappresentano poco più che appunti ad uso personale), e che secondo il desiderio di Freud avrebbero dovuto rimanere inediti. Questo consente di seguire lo sviluppo del pensiero di Freud, nel periodo che va dagli Studi sull'isteria alla Interpretazione dei sogni, parallelamente su due piani: quello delle prese di posizione pubbliche e quello della elaborazione privata per semplici tentativi e formulazioni provvisorie e preliminari. I due piani non sono, per la verità, completamente distinti. Giacché anche nei lavori effettivamente pubblicati in questo periodo, si rilevano talora incertezze e ripensamenti; oppure si ritrovano, per concetti precedentemente affermati con grande vigore, improvvisi silenzi: i quali hanno il significato di un tacito ripudio o di un progressivo svuotamento di significato. È tuttavia certo che estendendo la lettura — come qui è possibile — anche a quelle che sono semplici tracce, appunti 0 stesure provvisorie (prive dunque dell'impegno responsabile che necessariamente accompagna ciò che è stato consapevolmente affidato alle stampe dall'autore) si ottiene un quadro assai più vivo e concreto di tutto il lavoro attraverso il quale la evoluzione del pensiero di Freud in questi anni si è venuta svolgendo. Le linee di questa evoluzione sono individuabili con un certa precisione. Una è intanto costituita da una estensione del campo della indagine psicopatologica. Il metodo di esplorazione, ai fini di una liquidazione dei sintomi morbosi, che Freud aveva accolto da Breuer, e che egli aveva progressivamente modificato pur continuando a chiamarlo metodo catartico di Breuer, e i punti di vista teoretici sul funzionamento dell'apparato psichico che ne stavano a base, riguardavano all'origine una forma morbosa specifica, e cioè l'isteria. Sul meccanismo psichico dei fenomeni isterici si intitola la Comunicazione preliminare, Studi sull'isteria l'opera completa: e questo anche se nel capitolo sulla tecnica, degli stessi Studi, Freud osserva che nessuno dei casi clinici illustrati nel libro è un caso puro di isteria, perché i sintomi isterici sono collegati sempre a quelli di altre nevrosi, cosicché la terapia e la stessa teoria non possono riguardare l'isteria soltanto, ma investono l'intero campo delle psiconevrosi. Questa esigenza di allargare l'orizzonte dell'indagine psicopatologica è avvertita da Freud fin dal tempo della Comunicazione preliminare, e cioè alla fine del 1892. Come si può constatare riferendosi soprattutto alle Minute teoriche per Wilhelm Fliess, che in questo volume vengono premesse agli altri scritti cronologicamente disposti. Dal 1892 al 1895 (proprio contemporaneamente alla stesura degli Studi sull'isteria) Freud tentò pure la costruzione di una teoria per spiegare certe manifestazioni morbose, che egli considerava dovute a comportamenti sessuali imperfetti, e cioè tali da non consentire un pieno appagamento dell'impulso istintivo, la nevrastenia e la nevrosi d'angoscia: quelle che più tardi verranno dette nevrosi attuali, perché sarebbero dovute al regime sessuale attuale, in opposizione alle psiconevrosi da difesa, riferibili in certo modo all'azione postuma di situazioni sessuali traumatiche del passato. Il primo cenno a questa dottrina si ha nella Minuta A (1892), mentre una esposizione più ampia è contenuta nella Minuta B (1893) e — dopo altre minori osservazioni delle Minute D ed E (1894) — nell'articolo Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come "nevrosi d'angoscia", sempre del 1894 (e pubblicato nel 1895). Nello stesso 1894 Freud affronta, con Le neuropsicosi da difesa e con Ossessioni e fobie (pubblicato questo nel 1895) il problema della seconda psiconevrosi: la nevrosi ossessiva, contrapposta all'isteria per il diverso meccanismo di produzione. Nella Minuta K del 1° gennaio 1896, denominata da Freud "Favola di Natale", egli espone per la prima volta quella sua teoria sul trauma sessuale infantile, come momento etiologico specifico dell'isteria e della nevrosi ossessiva, che gli si era venuta imponendo nell'autunno dell'anno precedente, e che egli renderà pubblica nei due articoli L'ereditarietà e l'etiologia delle nevrosi e Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa, composti nei primi mesi del 1896. Ma benché Freud abbia considerato il metodo catartico prima, e la psicoanalisi poi, come tecniche terapeutiche utilizzabili per le sole psiconevrosi, egli non si limitò a cercar di comprendere il meccanismo di produzione di queste malattie, ma estese subito l'indagine anche a forme psicotiche. Fin dalla Minuta A del 1892, egli rivela un interesse per il problema della malinconia, che è ripreso nella Minuta G del gennaio 1895, dove sono affermati concetti (compreso quello del rapporto della malinconia col lutto) che Freud svilupperà più di venti anni dopo al tempo della prima guerra mondiale. Nel 1884, con l'articolo Le neuropsicosi da difesa, Freud cercò di utilizzare lo stesso concetto di "difesa", con cui spiegava il meccanismo di produzione delle psiconevrosi, nella interpretazione della genesi dei deliri allucinatori psicotici, pervenendo a un primo abbozzo di una teoria della schizofrenia. Nella Minuta H del 1895 e in quella K del 1896 più specificamente affronta il problema della paranoia, sul quale ritorna nelle Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa, dello stesso 1896, in cui illustra un caso clinico indicato allora come paranoia cronica (con una diagnosi rettificata molti anni dopo in demenza paranoide). È notevole come in questo ampliamento del campo di indagine Freud abbia toccato anche problemi per i quali il pensiero moderno fa uso del concetto di malattie psicosomatiche. Cosi una delle Minute per Fliess (la I, attribuita al marzo 1895) è interamente dedicata al problema della emicrania, la cui etiologia è considerata simile a quella delle nevrosi attuali. Nella produzione scientifica di questo periodo non troviamo soltanto anticipazioni di concetti che verranno più ampiamente illustrati negli anni a venire, o progressi delle indagini a sviluppo lineare, ma anche tentativi in direzioni rivelatesi dopo parecchio tempo false e quindi lasciati a metà, oppure prese di posizione assai ferme inizialmente, e in seguito abbandonate perché clamorosamente smentite dall'esperienza. Talora situazioni di questo genere hanno dato luogo ad autentici drammi per Freud, che veniva preso da crisi di sfiducia in sé stesso e nella propria opera. Quando si prescinda da tali risonanze emotive personali, e si analizzino questi insuccessi scientifici su un piano obiettivo nei loro aspetti particolari, si può fare una constatazione. Non si tratta, come potrebbe apparire, di semplici abbagli in cui Freud sia caduto, di ipotesi gratuite che non reggono al vaglio dei fatti, o di progetti ambiziosi per cui manchino gli idonei strumenti. Non si tratta cioè di "tempo e lavoro perduti", come Freud stesso fu talora indotto a ritenere, ma di posizioni che, pur essendo erronee ed autenticamente erronee, poggiano sopra fatti reali, o sopra intuizioni originariamente esatte: per cui nell'atto stesso in cui Freud deve riconoscere di aver tratto da quei fatti o da quelle intuizioni conclusioni non sostenibili, è anche in grado di utilizzare in modo diverso gli elementi validi della propria ricerca. Una di queste situazioni si è verificata nel 1895 col Progetto di una psicologia. Nella primavera di quell'anno, mentre stanno uscendo gli Studi sull'isteria, Freud pensa alla possibilità di tracciare uno schema completo del funzionamento del sistema nervoso, che renda conto di quei processi psichici che egli aveva individuato studiando l'isteria e altre manifestazioni psicopatologiche, e anzi che renda conto di tutta intera la fenomenologia della vita psichica. L'idea, estremamente ambiziosa, traeva origine: dalla radicata impressione di Freud di una insufficienza della psicologia tradizionale, quale si insegnava prevalentemente nelle università, e cioè la psicologia herbartiana, a costituire un fondamento per l'interpretazione delle manifestazioni psichiche oggetto del suo studio; dalla necessità che egli, per la sua stessa formazione scientifica, avvertiva di esprimere in termini neurologici i processi di base che dovevano spiegare la fenomenologia psichica; e infine dalla impressione che le cognizioni negli ultimi tempi acquisite dal pensiero scientifico, con ricerche alle quali egli stesso in quanto neurologo aveva contribuito, rappresentassero ormai un tale avanzamento sulla via di una completa comprensione del funzionamento del sistema nervoso, da consentire effettivamente la formulazione di questa teoria psiconeurologica: o, come egli si esprimeva, di una "psicologia per neurologi". Nell'autunno 1895 scrive tre dei quattro capitoli che avrebbero dovuto costituire l'opera intera. Ma già nel novembre ha l'impressione di essersi imbarcato in un'impresa che non può essere portata a termine. Il i" gennaio 1896 si occupa per l'ultima volta del Progetto, inserendo in una lettera a Fliess qualche pagina che avrebbe dovuto modificare punti di vista già precedentemente elaborati. Poi abbandona definitivamente tutto, e non parlerà più di questo tentativo mancato. Ci è facile oggi renderci conto di come il Progetto di Freud non fosse realizzabile. Ma sarebbe del tutto erroneo pensare che effettivamente, di quel brogliaccio, decifrabile con difficoltà e dai concetti spesso oscuri, in cui il manoscritto incompiuto della Psicologia consiste, nulla di valido sia rimasto. Non solo molte osservazioni particolari là contenute si ritrovano in opere successive di Freud, ma l'idea stessa di una psicologia dinamica, che è l'idea base del Progetto, è rimasta fondamentale in tutta l'opera successiva di Freud; anche se è scomparso (o è rimasto appena accennato sotto forma di semplice linguaggio metaforico) il rinvio a concetti neurologici e in genere a immagini riguardanti la natura corporea del sistema che sottende la vita psichica. In questo senso la Psicologia del 1895 riappare nel capitolo settimo della Interpretazione dei sogni, in tutte le opere successive di meta- psicologia, e ancora in quel gruppo di scritti redatti tra il 1920 e il 1922 (Al di là del principio di piacere, Psicologia delle masse e analisi dell'Io, e L'Io e l'Es) in cui è ripreso il problema della costituzione e della organizzazione dell'apparato psichico, con riferimento anche alla formazione della memoria. A proposito della formazione della memoria, e della idea sostenuta da Freud nel Progetto, secondo la quale dovrebbero esservi nel sistema nervoso centrale cellule che gli stimoli esterni non modificherebbero stabilmente e cellule invece che subirebbero una modificazione durevole e che pertanto conserverebbero le tracce dell'azione esercitata dall'ambiente sugli organi percettivi, va osservato che Freud ha, con tale idea, in certo modo anticipato, anche nei particolari, lo schema dei moderni elaboratori elettronici dotati di una "memoria": elaboratori di cui non si può certo dire a tutt'oggi che riproducano, nel modo del loro funzionamento, un cervello umano, ma le cui operazioni in gran parte corrispondono, nei risultati, alle operazioni mentali dovute a quel cervello. Nel momento stesso in cui lasciava cadere il Progetto, si consolidava in Freud la persuasione della validità di quella teoria etiologica delle psiconevrosi a cui sopra è stato fatto cenno. È la teoria secondo la quale vi sarebbe all'origine dell'isteria e della nevrosi ossessiva una situazione traumatica risalente alla prima infanzia, e consistente in una sorta di aggressione sessuale subita (per lo più da parte di adulti) nel primo caso, ed esercitata attivamente (come ripetizione eventualmente di un precedente episodio passivo) nel secondo. Freud, come si è detto, espose questa dottrina nella Minuta K del 1° gennaio 1896 e nei due articoli scritti immediatamente dopo. Ma anche questa teoria dovette essere abbandonata. Nella lettera a Fliess del 21 settembre 1897, in preda a un grande scontorto, Freud riconosce di essere caduto in errore. I traumi sessuali precoci riferiti dai pazienti in analisi e ai quali aveva prestato fede si erano rivelati semplici fantasie elaborate in un periodo successivo e proiettate, sotto forma di ricordi allucinati, in quel remoto passato. Sembra certo che Freud, il quale aveva da poco iniziato la propria autoanalisi, abbia fatto sopra sé stesso questa scoperta. Comunque ne ebbe successivamente conferma dalla propria autoanalisi (vedi la lettera a Fliess del 3 gennaio 1899). Freud, che con gli articoli sopra citati si era fortemente compromesso di fronte al pubblico, attese molto tempo per sconfessare pubblicamente la teoria del trauma sessuale precoce. Neanche questo però fu un inutile errore, per il successivo sviluppo del suo pensiero. Se un paziente in analisi racconta come episodi reali fantasie fabbricate sopra la propria infanzia, ciò deve corrispondere a qualche cosa di obiettivo. Se reali non sono gli episodi specifici, reali debbono essere le situazioni emotive generatrici dei falsi ricordi. Ma allora non sotto l'azione di persone adulte si risveglierebbero precocemente nei bambini impulsi, sensazioni e fantasie, appartenenti alla sfera sessuale, ma autonomamente, in forza di un naturale sviluppo e di una progressiva organizzazione dell'istinto. È la tesi di un'originaria sessualità infantile (con forme ovviamente particolari e diverse da quelle proprie della sessualità adulta, e costituente una preparazione alla stessa sessualità adulta): tesi che Freud svilupperà sistematicamente parecchi anni più tardi e che esporrà nei Tre saggi sulla teoria sessuale del 1905. Diverso è stato il destino di un'altra dottrina, pure elaborata in questa epoca e poi lasciata cadere: la dottrina delle nevrosi attuali, alla quale anche è stato già accennato più su. Come dicemmo Freud la espose negli anni dal 1892 al 1894, prima in varie Minute a Fliess e poi nell'articolo Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come "nevrosi di angoscia". Inizialmente riteneva che la nevrastenia e la nevrosi d'angoscia fossero da tener distinte dalle psiconevrosi, perché non potevano essere riferite a "residui" di situazioni traumatiche passate, e non potevano quindi venir combattute con una esplorazione psicologica che mirasse a riattualizzare il ricordo di quelle situazioni traumatiche liquidandole. Sembrò a Freud di poter constatare invece che esse si accompagnavano sempre a modalità non del tutto normali di comportamento sessuale: masturbazione abituale, coito interrotto, prolungata astinenza ecc. Gli parve anche che si potesse stabilire un diverso comportamento sessuale anomalo per la nevrosi d'angoscia e per la nevrastenia. Come pure che fosse sufficiente una modificazione del "regime sessuale" per ottenere: o che i sintomi della primitiva nevrosi si trasformassero in quelli dell'altra, oppure che si avesse una remissione generale dei sintomi. Freud tentò anche di spiegare il processo di produzione dell'angoscia nella nevrosi corrispondente: si sarebbe trattato della trasformazione (in angoscia appunto) di una carica di eccitamento libidico, non defluita attraverso quella normale forma di scarica che si ha in un rapporto sessuale completo e soddisfacente. Più tardi Freud si rese conto: che i sintomi di queste nevrosi non si presentano e scompaiono con quella automaticità che era prevista dalla teoria iniziale, che la stessa distinzione fra nevrosi attuali e psiconevrosi da difesa non era del tutto netta, e soprattutto del fatto che un regime sessuale non normale (quale dovrebbe essere quello responsabile della produzione delle nevrosi attuali), qualora si protragga nel tempo e non sia il momentaneo prodotto di situazioni reali contingenti, è sempre l'effetto di inibizioni o difese nevrotiche nei confronti della sessualità; cosicché in definitiva anche queste presunte nevrosi attuali si rivelerebbero di origine psicogena, e sarebbero quindi affrontabili analiticamente non diversamente dalle psiconevrosi. Questo è il motivo per cui Freud non ha più in seguito ripreso il problema delle nevrosi attuali come problema specifico. Freud tuttavia ha anche evitato di ripudiare esplicitamente la teoria delle nevrosi attuali. E ciò perché, anche dopo aver abbandonato la distinzione netta fra nevrosi da difesa e nevrosi attuali, non si senti di escludere completamente l'azione, accanto a tutti i fattori d'ordine psicologico sempre esistenti, di un fattore somatico, collegato a un imperfetto deflusso di una tensione sessuale accumulata. Ciò a cui Freud pensava di non dover rinunciare era la teoria dell'angoscia come carica sessuale trasformata (per una sorta cioè di "conversione", simile a quella dell'isteria, come aveva detto nella Minuta G). Egli riaffermò questo concetto molti anni dopo nella Introduzione alla psicoanalisi (1915-1917). E perfino in Inibizione, sintomo e angoscia del 1925, che pure contiene la teoria nuova dell'angoscia come segnale di allarme presente in certo modo in ogni nevrosi, non è respinta (anche se è detto che si tratta di una pura ipotesi) l'idea di una equivalenza, o corrispondenza da un punto di vista energetico, della libido e dell'angoscia. Il periodo durante il quale Freud procede sulla via delle sue scoperte con movimento incerto, passando da improvvisi entusiasmi a momenti di dubbio o di desolato sconforto, è soprattutto quello che precede immediatamente il 1897. La situazione si modifica radicalmente in quell'anno. Nell'ottobre 1896 era morto il padre di Freud, ed egli ne era rimasto profondamente turbato. Il successivo acuirsi di disturbi nevrotici, consistenti in manifestazioni ansiose di vario genere, lo indussero nell'estate successiva a sottoporsi a un lavoro di analisi, analogo a quello a cui egli sottoponeva i propri pazienti. Si ebbe cosi quella che fu detta l'autoanalisi di Freud. Strettamente collegati a tale lavoro di autoanalisi sono i progressi che egli compie in questo nuovo periodo. Anzitutto le grandi scoperte sul sogno. Freud era riuscito fin dal luglio del 1895 ad analizzare un proprio sogno, scoprendone il nascosto significato. Da allora il problema della interpretazione dei sogni fu portato avanti sia con i pazienti che con sé stesso, finché nel 1897 tale interpretazione divenne uno degli strumenti principali dell'autoanalisi. Nella primavera dello stesso 1897 Freud si era anche immerso nello studio teorico del sogno, sulla base della letteratura scientifica esistente, e aveva enunciato il proposito di scrivere una completa opera sul sogno: quella che divenne la Interpretazione dei sogni. Autoanalisi e stesura del libro procedettero da allora in poi di pari passo. Su ciò non ci soffermiamo rimandando il lettore al terzo volume delle Opere. Ma in quella stessa primavera 1897 Freud si occupa ripetutamente in tre Minute a Fliess (L, M e N) del problema delle fantasie, e dei rapporti che esse presentano da un lato con i sogni, dall'altro con la creazione poetica. In seguito, in una lettera a Fliess del 15 ottobre 1897, in relazione con problemi della propria analisi, egli delinea una interpretazione analitica dell'Amleto, e l'anno dopo, nella lettera a Fliess del 20 giugno 1898, dà un nuovo saggio di interpretazione di un'opera letteraria, con l'analisi della novella di Conrad Ferdinand Meyer, La giustiziera. Sono, queste analisi, molto brevi, sommarie e parziali; costituiscono tuttavia primi modelli di quel tipo di lavoro analitico che Freud porterà a un livello di alta perfezione, scrivendo nel 1906 II delirio e i sogni nella "Gradiva" di Wilhelm Jensen, e di cui fornirà la compiuta giustificazione teoretica nel saggio su II poeta e la fantasia del 1907. Il lavoro di autoanalisi fece scoprire a Freud in questi anni anche altre forme d'indagine psicologica. Se il nevrotico è una persona che si difende dal prendere coscienza di qualche cosa che pur rientra nella sua esperienza, deve riscontrarsi in lui un difettoso funzionamento della memoria. L'analisi anzi consisterà nella utilizzazione di procedimenti che consentano di superare questa memoria difettosa. Freud nel corso dell'autoanalisi riscontrò su di sé l'esistenza di questi mancati funzionamenti della memoria, che possono presentare forme molto diverse. Cosi nel 1898, in due lettere a Fliess del 26 agosto e 22 settembre, accenna alla possibilità di ricostruire, mediante un lavoro di analisi, il processo per cui un nome proprio, che pure ci è noto, al momento di essere pronunciato ci sfugge, e per cui in sua sostituzione si presentano altri nomi: di cui sappiamo benissimo che non sono in verità il nome cercato, ma che ciò nonostante si impongono con una certa insistenza alla nostra attenzione. Il caso citato nella prima delle due lettere riguarda il momentaneo oblio del nome dell'autore dell'Andreas Hofen che è il poeta Julius Mosen, mentre Freud resta fissato su un cognome come Lindau, o Feldau. Freud dice di non poter rendere pubblico il lavoro di analisi, effettuato su questo oblio di nome, perché esso scoprirebbe troppi elementi della propria vita personale sui quali egli intende invece mantenere il riserbo. Il caso citato nella seconda lettera riguarda l'oblio improvviso del nome del pittore che ha dipinto il ciclo della fine del mondo nel Duomo di Orvieto: Luca Signorelli. I nomi che si presentavano a Freud in sostituzione di quello esatto erano: Botticelli e Boltraffio Il lavoro di analisi con cui Freud potè chiarire sia il motivo dei l'amnesia momentanea del nome reale, sia il perché dei nomi di sostituzione, fu da lui esposto nel saggio pubblicato l'anno stesse col titolo Meccanismo psichico della dimenticanza. Un'altra specie di errore di memoria è stato preso in considerazione da Freud in questo periodo col suo saggio sui Ricordi di copertura, composto nella primavera del 1899 e pubblicato nello stesso anno. Freud intende per ricordi di copertura determinati ricordi, localizzati nell'infanzia o addirittura nella prima infanzia del soggetto, con un contenuto che sembra del tutto privo di un rilievo giustificante la persistenza nella memoria, e che in base a un lavoro analitico risultano essere una travestita allusione a qualche cosa di assai più importante, rimasto invece escluso dal ricordo cosciente, cosicché soltanto attraverso questo lavoro di analisi può essere risollevato dall'oblio. Lo specifico ricordo di copertura che Freud riferisce ed analizza è personale; per cui l'analisi esposta costituisce un frammento dell'autoanalisi di Freud: anche se egli maschera tutta la situazione attribuendo il caso a un ipotetico paziente. Freud fece di tutto per non essere riconosciuto nell'episodio narrato, ma fini col tradirsi, cosicché la situazione ha potuto essere inserita nella biografìa di lui: vedi E. Jones, Vita e opere di Freud, trad. A. e M. Novellette (II Saggiatore, Milano 1962) voi. 1, p. 51. Freud constatò questi difetti nel funzionamento della memoria, nel corso della propria autoanalisi, ed ebbe una conferma di fenomeni di tal genere nelle analisi condotte sui propri pazienti. Tali fenomeni potevano perciò venir considerati come sintomi circoscritti verifìcantisi nel quadro dei disturbi nevrotici complessivi oggetto della terapia psicoanalitica, e suscettibili anch'essi di essere sottoposti ad analisi per essere risolti e liquidati. D'altra parte non soltanto i pazienti in trattamento sono esposti a improvvise amnesie di nomi, o presentano ricordi di copertura. A tutti gli uomini accadono cose di questo genere. Freud fu spinto da questa constatazione a concepire l'idea di una micropatologia psicologica, e nella lettera a Fliess del 17 luglio 1899 (poche settimane dopo aver spedito alla rivista che lo doveva pubblicare il lavoro sui Ricordi di copertura) accennò — sia pur parlandone come di una fantasia — a una "psicopatologia della vita quotidiana". Ovviamente non la sola memoria, ma tutte le funzioni psichiche che presiedono al nostro comune comportamento, sono ugualmente soggette a momentanei inceppi, arresti o deviazioni, per l'intervento di fattori inconsci. Cosicché la sfera coperta da questa psicopatologia in miniatura doveva risultare assai vasta. Otto giorni prima che uscisse la Interpretazione dei sogni, nella lettera a Fliess del 27 ottobre 1899 Freud parla genericamente di altri cinque libri che si proponeva di scrivere: si può presumere che in prima linea dovesse figurare quella Psicopatologia della vita quotidiana, per la quale un anno dopo (lettera del 14 ottobre 1900) sta già raccogliendo il materiale, e che finirà di scrivere e pubblicare nell'estate del 1901. Un'altra linea di ricerca si presenta a Freud in questo periodo, e proprio mentre sta redigendo la Interpretazione dei sogni. Fliess, al quale Freud aveva inviato gran parte del manoscritto del libro, aveva osservato che i sogni là riportati e analizzati sembravano essere troppo ingegnosamente e spiritosamente costruiti. L'n settembre 1899 Freud, riconoscendo l'esattezza della osservazione di Fliess (riportata poi anche nella Interpretazione dei sogni), gli risponde dicendo che i soggetti dei sogni sono facilmente spiritosi, perché sono sottoposti a una pressione e la via diretta di espressione è per essi sbarrata. E conclude dicendo che il carattere manifestamente spiritoso di tutti i prodotti dell'inconscio deve stare in stretta connessione con una spiegazione psicologica dei motti di spirito e dell'umorismo. Prima del 1900 Freud aveva raccolto una grande quantità di "storielle ebree", che egli considerava particolarmente idonee a illustrare il meccanismo di produzione dell'effetto spiritoso, e nelle sue lettere a Fliess di questi anni utilizzò spesso, applicandole a sé stesso, tali storielle. Si può pertanto far risalire a questo periodo anche l'origine dell'opera II motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio, pubblicata nel 1905, che è precisamente costruita in prevalenza sopra un materiale di questa specie. Ma in linea generale si può dire che dopo il 1897, e cioè dopo l'inizio dell'autoanalisi, tutti i prodotti dell'attività umana sono apparsi a Freud manifestazioni sottoposte all'influenza determinante di processi inconsci analoghi a quelli individuabili nei sintomi nevrotici; per cui il campo dei fenomeni a cui il metodo psicoanalitico dell'interpretazione poteva essere applicato finiva col coincidere con l'intero oggetto della ricerca psicologica. Il periodo, nella vita di Freud, a cui si riferiscono le opere del presente volume, è anche quello durante il quale i suoi rapporti di amicizia con Wilhelm Fliess sono stati più intensi. Fliess (1858-1928) era un medico berlinese specialista in otorinolaringoiatria. Nel 1887 era venuto a Vienna per ragioni di studio e aveva frequentato, dietro consiglio di Breuer, le lezioni di Freud. Si determinò una reciproca simpatia, e, al suo ritorno a Berlino, si iniziò una corrispondenza, che divenne più frequente e confidenziale nel 1892. Fliess non era medico soltanto, ma anche biologo, e sviluppò alcune teorie: in parte notevoli, come quella di una generale bisessualità degli esseri viventi; in parte alquanto fantastiche, come l'idea di una relazione delle mucose nasali con l'attività genitale e il principio secondo il quale vi sarebbe una legge generale di periodicità in tutti i fenomeni biologici, fondata su alcuni numeri particolari. Era una persona bizzarra con tratti paranoicali, ma di ingegno acuto e di vasta cultura. Non è facile comprendere esattamente le ragioni profonde che hanno reso possibile l'instaurarsi di questa intima amicizia tra Freud e Fliess. Ma è certo che quest'ultimo ebbe un'importante funzione per lo sviluppo del pensiero scientifico di Freud, in quanto ne divenne per molti anni il confidente: Freud, specialmente dopo che si erano attenuati i suoi legami con Breuer, teneva in gran conto il parere di Fliess, e gli esponeva i propri progetti e le proprie scoperte, sia in periodici incontri a due (che egli chiamava Congressi) a Berlino, a Vienna o in altre città, sia attraverso la corrispondenza. Quando iniziò l'autoanalisi, Freud si avvide come la figura di Fliess vi fosse particolarmente implicata. Si rese cioè conto di aver realizzato, nei confronti di lui, che teneva costantemente aggiornato su quanto emergeva dal proprio inconscio, una condizione di dipendenza analoga a quella che si produce nei comuni rapporti analitici fra paziente e analista. Col progredire dell'autoanalisi Freud riusci a liberarsi da questa condizione di dipendenza; ma alcuni inconsci elementi ostili, che erano parte integrante (come accade appunto nella situazione analitica) della sua relazione con Fliess, non furono evidentemente liquidati. Ed essi, congiunti alle suscettibilità di Fliess, portarono nell'estate del içoo a uno screzio, in seguito al quale i rapporti fra i due si attenuarono, fino a interrompersi del tutto nel 1902. Uno strascico molto sgradevole si ebbe qualche tempo dopo, quando Fliess accusò Freud — fondatamente, come Freud fu costretto ad ammettere — di aver privatamente comunicato a Swoboda e a Weininger la sua dottrina sulla bisessualità, ancora inedita, nella precisa intenzione, sia pure inconscia, di togliergli il vanto della priorità. La maggior parte della corrispondenza di Freud con Fliess, quale è stata conservata, appartiene proprio agli anni che vanno dal 1892 al 1900. Di tale corrispondenza, sono stati inseriti nel presente volume (come è stato detto più su) gli scritti aventi il carattere di comunicazioni scientifiche, sia pure sotto forma di appunti o sommari. Non sono state invece incluse le semplici lettere: quantunque anche esse contengano talora, frammisti alle comunicazioni di carattere personale o familiare, ampi brani dedicati alla discussione di problemi scientifici e notizie sul lavoro di ricerca. Ma a tali lettere (vedine l'edizione citata qui sotto) viene fatto riferimento, quando è necessario, nelle Avvertenze editoriali e nelle note che accompagnano i singoli lavori qui pubblicati. |